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fascicolo sanitario elettronico

Verso il FSE nazionale: come nasce il progetto FSE e cosa fare per farlo decollare

 

Il progetto FSE (fascicolo sanitario elettronico) parte ufficialmente in Italia nel 2015, adempiendo alle direttive e normative di portata nazionale ed europea susseguitesi nei tre anni precedenti. Si tratta però di una falsa partenza, in quanto meno della metà delle Regioni lo attivano di fatto (almeno in parte) entro la scadenza originale; tra le Regioni che lo introducono si osserva inoltre un’enorme variabilità, in particolare in termini di infrastrutture ICT, di funzionalità integrate e di dati e documenti resi disponibili ai cittadini.

Di fatto, le uniche Regioni che arrivano pronte alla data di scadenza del 30 giugno 2015 sono Emilia Romagna e Trentino, le cui piattaforme FSE offrono già da subito tutti i servizi specificati nell’Articolo 12 del DL 179/2012 (“Fascicolo sanitario elettronico e sistemi di sorveglianza nel settore sanitario”), come il controllo dei permessi d’accesso da parte dei vari agenti sanitari (con annesso monitoraggio), l’accesso a tutte le proprie informazioni e documenti sanitari (come verbali, lettere di dimissione e referti diagnostici) e la possibilità di confermare o negare il consenso alla donazioni degli organi e di aggiungere informazioni al proprio FSE tramite ‘taccuino’, oltre alle funzioni integrate di prenotazioni per visite specialistiche e prescrizioni dematerializzate.

Negli ultimi quattro anni, quasi tutte le Regioni (18, stando ai dati ufficiali) hanno attivato il FSE, anche se permangono ineguaglianze d’offerta al cittadino e il Sud sembra essere rimasto indietro su tutti i fronti tranne che per le ricette elettroniche (non sempre però ben integrate nel FSE). Alle Regioni ancora integralmente o parzialmente inadempienti è stato messo a disposizione il sistema FSE sviluppato dall’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità (INI), a sua volta gestita dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), al fine di garantire al cittadino le funzioni minime richieste dal DL 179/2012 e l’interoperabilità del FSE tra le varie Regioni.

 

Il DL 179/2012, oltre a richiedere alle Regioni l’implementazione del FSE, introduce il discorso dell’interoperabilità (ovvero la possibilità di trasmettere e scambiare dati tra sistemi informativi diversi), poi ripreso più approfonditamente con la Circolare AgID 4/2017; tale documento descrive i servizi offerti dall’INI a supporto dell’attivazione e dell’interoperabilità dei sistemi FSE regionali, con l’obiettivo ultimo di offrire al cittadino la più alta qualità e la piena continuità delle cure anche in caso di trasferimento in un’altra Regione d’Italia. Ancora una volta, le direttive italiane rispecchiano il programma di eHealth europeo, che prevede che nel 2021 almeno 22 Stati Membri saranno in grado di scambiarsi dati sanitari come prescrizioni elettroniche e patient summary (profilo sanitario sintetico), arrivando negli anni seguenti alla piena condivisione dei FSE (previa ovviamente consenso del cittadino) in tutta l’Unione.

 

Il 2 settembre 2019 viene pubblicata la Circolare AgID 3/2019, che apre una nuova fase del percorso FSE: l’AgID annuncia l’istituzione del FSE nazionale, accessibile tramite portale unico, che integra i servizi offerti e le informazioni raccolte dai singoli sistemi FSE regionali ma svincola il cittadino dalla regione di assistenza (RDA), permettendogli di portare con sé il proprio fascicolo sanitario per tutto il corso della vita (almeno se rimane in Italia).

Affinché il FSE nazionale possa funzionare, è necessario che tutte le Regioni (al momento solo 11) garantiscano l’interoperabilità del proprio FSE, grazie all’utilizzo di API e dello standard HL7. La Circolare AgID 3/2019, oltre ad istituire il portale unico, specifica nuovi requisiti di interoperabilità e potenzia gli strumenti offerti dall’INI alle Regioni per supportarne l’adeguamento alle nuove direttive AgID, al fine di velocizzare il più possibile il percorso verso il FSE nazionale.

 

Gli sforzi normativi e la volontà istituzionale rivolti alla buona riuscita del FSE sono indubbi (seppur con grosse differenze geografiche), ma questo non fa che rendere ancor più imbarazzanti i numeri, bassissimi, relativi all’utilizzo reale del FSE da parte sia dei cittadini che dei medici e delle organizzazioni sanitarie. La causa di questo decollo difficile è da ricercarsi, almeno in parte, nello scarso ‘appeal’ che al momento il FSE ha sul cittadino: salvo che in poche Regioni, il FSE non è ben integrato con gli altri servizi di sanità digitale come prenotazioni, ricette e referti dematerializzati, e non è predisposto allo scambio di dati con piattaforme, app e dispositivi di terze parti. Il cittadino fa dunque fatica a vederne l’utilità, e i medici con cui ha a che fare spesso non hanno ricevuto una formazione specifica adeguata per aiutarlo in tale impresa.

Da non trascurare è anche lo scetticismo dei cittadini all’idea di condividere e conservare i propri dati anagrafici e sanitari nei sistemi informatici di ospedali poco pratici di cyber-sicurezza o, peggio ancora, ‘nel web’. La Circolare AgID 3/2019 chiarisce i modi in cui la privacy del cittadino sarà tutelata nel FSE nazionale, ma le misure di sicurezza non sono specificate e, presumibilmente, fanno capo al sistema di sicurezza sviluppato dall’AgID per le pubbliche amministrazioni; ancora più limitate le informazioni disponibili sulle singole Regioni o enti ospedalieri. Qualche speranza in tema di cyber-sicurezza arriva da un progetto recentemente finanziato dall’Europa, Credential (con sperimentazioni già in atto in Germania per l’app mobile Credential eHealth), che garantisce all’utente-cittadino il pieno controllo dei propri dati grazie ad un avanzato sistema di crittografia.

In conclusione, il FSE in Italia e in Europa oramai c’è e si sta espandendo. Il come e il quando, però, dipendono anche da noi: più i cittadini iniziano a farne realmente uso, più potranno, con il loro feedback a medici e istituzioni, guidare l’integrazione di ulteriori funzioni che lo rendano ancora più efficace per gruppi specifici di cittadini-pazienti e ancora più immediato per i non ‘nativi digitali’ (che spesso sono anche quelli che potrebbero trarne maggiori benefici), innescando un circolo virtuoso che trasformi in breve tempo il FSE da sconosciuto sospetto a strumento quotidiano in stile online banking.

 

 

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